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La penna di Emanuele

Tutto quello che ci porta il cliente è importante e va riutilizzato per aumentare l'impatto del coaching

Con Emanuele, eravamo alla terza sessione del percorso di coaching insieme, concentrato su come cambiare lavoro e promuoversi nel mercato.
Lui partiva da una situazione lavorativa in cui era impegnato nell’erogazione di formazione e addestramento di materie tecniche, basate su numeri e grafici. Il suo punto d’arrivo era di dare spazio e lanciare la sua nuova professione, incentrata sul benessere e sulle discipline olistiche.

(N.B. - I personaggi e il contesto lavorativo sono stati modificati per rendere irriconoscibile la situazione, nel pieno rispetto della privacy. La struttura dell'intervento è rimasta inalterata per mantenere lo scopo esplicativo del testo.)

Il caso
La sessione oggetto di questo post era dedicata a come mettere ordine tra i due set di competenze che Emanuele aveva e che sembravano non aver molto a che fare l’una con l’altro.

Avevamo fatto già un importante lavoro di sfoltimento e di affinamento di quello che Emanuele avrebbe dovuto rendere evidente sul suo materiale promozionale. Eppure qualcosa lo stava rallentando, come se dentro di lui non volesse lasciar andare la sua “vecchia” identità professionale. Una cosa che, peraltro, non doveva necessariamente essere fatta. 

Intervento e risultati
A un certo punto della sessione Emanuele disse, testuale: “…mi sembra di fare un torto a tanti anni di bei lavori fatti, anche se ora non mi ci sento più in quei panni.” 
Mario: “Dato che dici ‘mi sembra’, abbiamo dei margini su cui lavorare, che ne pensi?"
Emanuele: “…”
Mario: “…perché se mi avessi detto ‘sono sicuro’, sarebbe stato molto diverso…”
Emanuele: “Già…” (mentre si rigirava la penna tra le mani, prima nervosamente, poi sempre meno)
Mario: “Cosa potresti fare per cambiare quel ‘mi sembra’ con ‘non faccio torto a tanti bei lavori fatti’?
Emanuele (gli occhi verso l’alto, pensando): “…in realtà capisco che dovrei lasciar andare completamente quello che non mi servirà più.
Mario: “Dovresti?
Emanuele (portando la penna alla bocca, mordicchiandola): “Penso di sì. Tu non credi?
Mario: “Non saprei esattamente…in alcuni casi bisogna lasciar andare tutto, in altri nulla, in altri ancora si può prendere quello che può ancora valere ed essere utile… Per te quale caso potrebbe valere?
Emanuele (penna alla bocca, ancora mordicchiandola): “Potrei prendere alcune cose, credo…”.
Mario: “Ti va di fare una lista delle tue abilità e competenze che puoi portare nel tuo nuovo lavoro?
Emanuele: “Dai, proviamoci!

E iniziammo a lavorare su questo… Quella penna fu usata solo per scrivere, alla fine.

Considerazioni a corollario 
Non sapevo da prima come si sarebbe svolta la sessione, né le domande che avrei fatto. In realtà non lo so mai. Nel coaching c’è una parte d’improvvisazione che emerge dalla relazione con il cliente. Certo è che sapevo che dovevamo rimuovere un blocco, e quello era l’obiettivo specifico di quella sessione.

La scelta delle domande, la loro formulazione, viene spesso da quello che il cliente dice. Cerco sempre di usare alcune delle parole o dei concetti espressi dal cliente per fare la mia domanda. È un po’ come fosse un circolo virtuoso in cui domanda e risposta si alimentano a vicenda.

Devo dire che con Emanuele l’ispirazione veniva anche molto dalla sua comunicazione non verbale, particolarmente evocativa. Il suo movimento con la penna e iniziare a mordicchiarla, mi ha dato l’intuizione che dovessi un po’ esplorare meglio come avrebbe potuto armonizzare parte delle sue vecchie competenze con le sue nuove. Il movimento di portare qualcosa alla bocca ha una serie di spiegazioni in chiave non verbale, ma in quel caso a me ha fatto pensare a qualcosa da “portare dentro”, come un cibo selezionato e buono.

Conclusioni
Un’alta capacità di ascolto, che non intendo solo con le orecchie, ma con tutti gli altri sensi, è fondamentale nella professione di coach. Guardare, ascoltare e sentire con acume e comportarsi in conseguenza con rispetto, intelligenza e creatività è parte del corredo. È qualcosa che s’impara e si affina con la pratica e la passione.

Se riusciamo a inserire queste abilità in un sistema organico e perfezionato, un metodo di lavoro funzionale e raffinato nel tempo, e una serie considerevole di risultati positivi, allora abbiamo raggiunto un livello eccellente di professionalità nel coaching.

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