Il terzo post tratto dal FormAperitivo:
“ComunicAZIONE: Come Interagire con gli altri in modo Attivo ed Efficace”
(Relatore della serata: Mario Maresca, 29 Marzo 2012 - Caffè dei Pittori, Roma)
Nel post precedente abbiamo affrontato temi inerenti a come instaurare una buona comunicazione con i nostri interlocutori.
In questo post lavoriamo sulla differenza tra comunicazione verbale ed extra-verbale. Un punto di partenza utile è considerare la metafora che paragona l’essere umano a un iceberg, in cui la parte visibile appare esigua rispetto a quella sommersa. Nella metafora, la parte emersa rappresenta la nostra mente razionale, che è governata dalla corteccia cerebrale. Da qui partono gli impulsi che ci permettono di imparare una lezione, di conoscere una poesia a memoria, di organizzare e tenere il filo del mio discorso.
Nella porzione sommersa c’è un universo che è governata dalla parte emozionale. E c’è sempre una componente emozionale quando comunichiamo. Se la parte razionale è quella che formula il discorso, la parte emozionale è tutto ciò che lo confeziona, gli conferisce pathos e colore: come modulo la voce, che volume uso, come occupo lo spazio, come mi muovo, come mantengo il contatto oculare.
Ehi...ti osservo!
Se sappiamo cogliere i segnali del corpo nell’altro, abbiamo una prospettiva abbastanza affidabile di come la sua mente sta lavorando. Come si sta organizzando la persona con cui interagiamo? Distoglie lo sguardo, mantiene il contatto oculare, compie un gesto particolare, diventa pallido, arrossisce, respira rapidamente, la pupilla che si dilata, si contrae… Questi sono aspetti da osservare e tenere in considerazione perché possono fornire molte informazioni.
Nella mia vita ho svolto vari lavori, la maggior parte a contatto con molta gente: quale occasione migliore per sperimentare continuamente (d'altronde lo faccio tutt’ora) gli aspetti di comunicazione e di comportamento non verbale che ho studiato e approfondito? Tra le professioni che ho svolto c'è stata quella dell’informatore farmaceutico. Un giorno ero in sala d’aspetto da un medico e mi misi a parlare con un collega di un’altra azienda. Vedendolo gli dico: “Ciao Lorenzo! E’ un po’ che non ti vedo… come stai?”
Lorenzo: “Periodo importante, sai ho avuto un infarto!”… però mentre mi raccontava faceva un gesto codificabile come di gradimento: si umettava le labbra, passandoci velocemente la lingua sopra, come se avesse qualcosa di buono sulla bocca e lo assaporasse. È un gesto rapido che è possibile notare in chi sta pensando a qualcosa di piacevole. Nel notare il gesto, non riesco a fare a meno di interpretare (eh, sì, capita a tutti…): nella mia mappa del mondo un infarto è una cosa negativa, mentre invece Lorenzo lo associava ad un gesto positivo. Mi sembrava un’incongruenza. A rinforzare questo, mentre parlava non era visibile alcun segno di disagio. Ho evitato di commentare il gesto e nemmeno ho dato segno di averlo notato. In fondo poteva essere una coincidenza, una mia associazione, opinabile e inconsistente.
Andiamo avanti a chiacchierare e per altre due volte, in contemporanea con la parola “infarto”, scattava di nuovo il “linguino” (in gergo, è il nome di questo gesto). Allora, un po' perplesso, azzardo cautamente e con attenzione la domanda: “…però da come ne parli … tutto sommato … eh?” (è il mio modo di porre domande indiscrete, sospendo e tronco la domanda ma faccio capire che è comunque una domanda). Lui si aggancia e mi risponde: “No, sai Mario, effettivamente non è stato un periodo così brutto…, ero a casa, non lavoravo, ero coccolato da tutti…tutto sommato è stato un buon momento…”
La morale della storia è che il corpo manda segnali ancora prima, molto prima che la nostra componente razionale se ne renda conto.
L’elefante e la sua guida
Pensate a quelle volte che si è a disagio: ad esempio può accadere che piedi o le mani battano in maniera inconsulta, seppur tendiamo a mantenere la “faccia di bronzo”. Eppure, per chi sa leggere i segnali, l’incongruenza è palese. Ad esempio, se un politico usa un leggìo, probabilmente lo fa per consultare i propri appunti, ma altrettanto probabilmente lo aiuta a coprire alcuni gesti che altrimenti potrebbero tradire le sue incongruenze o perplessità rispetto a quello che sta dicendo.
In casi di conflitto interiore tra ragione ed emozione, il corpo manda dei segnali inconfutabili e sono i più attendibili. Mi piace moltissimo la metafora di J. Haidt nel suo libro “The Happiness Hypothesis: Finding Modern Truth in Ancient Wisdom” (“La felicità; un’ipotesi - Verità moderne e saggezza antica”), in cui la nostra parte razionale viene equiparata al conduttore di un elefante, mentre la parte emotiva viene assimilata all’elefante stesso. La guida può tentare di condurre l’animale e spesso ci riesce, ma se l’elefante ha deciso che da quella parte non ci vuole andare, non ci va. Insomma l’incongruente si vede nel corpo.
Quindi la domanda “Dovremmo prestare maggiore attenzione alla componente verbale o non verbale?” è insidiosa e trovo irrinunciabile prestare attenzione ad entrambe. La componente verbale è sicuramente importante: se io assegno un compito a qualcuno, il contenuto verbale delle istruzioni che fornisco è importante. Ma il fatto che il compito venga eseguito con piacere o meno, probabilmente dipende da come fornisco le istruzioni, che è frutto della componente extra-verbale. E poi, facciamoci caso, i conflitti personali sono legati non sempre a questioni di principio, sono molto spesso legati alla forma della comunicazione, ancora una volta la parte extra-verbale. Intendiamo dire che la parte "oltre le parole" riveste un ruolo che faremmo bene a tenere in grande considerazione. Per ulteriori spunti di ragionamento sul contenuto e sulla forma della comunicazione, suggerisco di leggere "La verita' sul famigerato 7% - 38% - 55%", nella sezione Blog di questo sito.
Nel prossimo post risponderemo alla domanda: “Cosa può rendere la nostra comunicazione più efficace e convincente?”
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Ringrazio la D.ssa Noemi Servizio, per la sua paziente attività, senza la quale questa serie di post non sarebbe stata scritta.